martedì 7 dicembre 2010

Latouche & La Decrescita

Il termine “decrescita” e le conseguenti teorie, Serge Latouche e i suoi scritti*, sono sempre più conosciuti, citati e studiati come importanti spunti di riflessione in economia, ecologia e di riflesso anche in sociologia e politica. Vediamo in breve di cosa si tratta...
La diminuzione del livello materiale della nostra vita, all’interno del mondo industrializzato, è diventata una necessità: numerosi segnali della vita quotidiana di ognuno di noi ci portano a tale conclusione.

Tuttavia ciò non deve significare che dobbiamo dirigerci verso una crescita zero, ma bensì verso una crescita negativa, o decrescita, posto che si afferma l’impossibilità di una crescita infinita all’interno di un mondo finito, e di conseguenza l’impellenza di una bio-economia, ovvero di una concezione dell’economia che tenga conto della biosfera.

Il termine decrescita, è da sottolineare che non è da intendersi come uno stato stazionario dell’economia classica (il quale è comunque insostenibile), né come una regressione, né tanto meno come recessione o crescita zero. La decrescita incarna un altro tipo di economia, come riflesso di un’altra mentalità e altri stili di vita, una vera e propria teoria secondo la quale si prevede di abbandonare la crescita per la crescita, fine a se stessa, obiettivo di cui il motore non è altro che il puro e semplice profitto, innescato dai pochi detentori di capitale e le cui conseguenze si ripercuotono, invece, su di tutti in quanto sono disastrose per l’ambiente e la società intera.

Si tratta quindi di abbandonare la fede e il culto incondizionato della crescita, del progresso, del consumo e dello sviluppo, osannatti e mitizzati dalla società attuale come unica forma di benessere sociale, intriso di falsi valori.

Infatti, da un punto di vista puramente sociale, questa società della crescita non è auspicabile almeno per tre ragioni fondamentali: produce enormi disuguaglianze e ingiustizie; crea un benessere ampiamente illusorio; sviluppa una anti-società malata della sua ricchezza.

Quindi, oltre l’insostenibilità ambientale, esistono anche forti contraddizioni sociali prodotte dalla crescita e dai limiti del pianeta, ulteriore conferma dell’insostenibilità di questo sistema, sotto il profilo ecologico e sociale. Anzi, secondo Latouche, lo sviluppo economico non è affatto il rimedio ai problemi sociali ed ecologici che affliggono il pianeta, ma ne è bensì la causa primaria.

È necessaria quindi non solo una vera e propria riconversione dell’economia, ma dell’intero assetto sociale-valoriale della vita dell’uomo, il quale è oggi totalmente improntato sulla primaria importanza del settore economico e del profitto.

Proprio per questo, forse, più che di teoria della descescita, si dovrebbe parlare di slogan, di ideale, di scommessa in cui, coloro i quali hanno formulato una critica radicale dello sviluppo credono; volgendo il loro interesse verso un progetto alternativo per una politica del dopo-sviluppo, elaborando così una proposta alternativa per restituire spazio alla creatività e alla fecondità di un sistema di rappresentazioni dominato dal totalitarismo dell’economicismo, dello sviluppo e del progresso da rinnegare, anche in considerazione delle sue nefaste conseguenze nei paesi del Sud del mondo.

Subentra così la necessità di nuovi valori sociali, per cui bisogna ridurre la nostra crescita economica, per sostituirla con un altro concetto di cultura, felicità, benessere.

Una scommessa utopica? Forse sì…o forse no, anche perché la gestione dei limiti della crescita è ormai diventata una questione intellettuale e politica, trovando spazio all’interno di movimento più ampio di riflessione sulla bio-economia, sul dopo-sviluppo e sull’a-crescita, sancendo così il successo di questa critica, che partendo soprattutto dalla crisi ambientale, ma anche all’emergere della globalizzazione e delle sue ripercussioni sociali, ha portato ad approfondire le sue implicazioni sull’economia e sulla società attuale.

Infondo certe emergenze ambientali, sociali e umanitarie non possono più aspettare, quindi forse, stavolta, è giunto il momento che l’utopia diventi realtà, anche grazie all’incombere di cause di forza maggiore che ci obbligano a cogliere la palla al balzo.

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* Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino, 2008 e La scommessa della decrescita, Collana Bianca, Feltrinelli, Milano, 2007

Marta, Progetto Qore di Style